sabato 21 dicembre 2013

IL FUMETTO I FUMETTISTI...ED IO!

Incontro con Gipi a Supergulp

Sono circa diciassette volte che scrivo l'incipit di quello che vuole essere solo un breve riassunto di come si è svolta la serata di ieri a Supergulp (fornitissima fumetteria sul Naviglio Grande) in compagnia di Gipi (talentuoso fumettista pisano) in occasione della presentazione a Milano della sua ultima opera: Una Storia. Il motivo principale per cui mi risulta così difficile scrivere è presto detto: non è così immediato trovare le parole giuste per descrivere in maniera oggettiva un evento quando hai ancora latenti residui d'emozione così forti in petto. Ho tentato allora di controllare piano piano la mia emotività dovuta alla condizione di aver percepito forse per la prima volta la profondità dell'animo umano mediante le opere e le parole dell'autore e mi sono decisa a scrivere quanto segue.


Mi reco all'incontro in Supergulp subito dopo aver letto Una Storia, libro che mi ha convinto ancor di più della maestria di Gipi nel creare tavole di forte impatto visivo estremamente comunicative e poetiche. Anche i miei pensieri sono dominati dal carattere brutale e empatico dell'opera. Non faccio altro che pensare alla complessità e al contempo alla semplicità dell'esistenza umana che tutto toglie e tutto dà nel giro di un attimo, senza essere crudele carnefice, ma solo semplice accozzaglia di eventi che definisce una vita, nel bene e nel male. 

Ce ne sarebbero da dire di cose su questo fumetto, ma altri lo sapranno fare senza dubbio meglio di me, ne sono certa e lascio perciò a loro la parola (qualcuno ne ha anche già scritto in maniera più che consona QUI, se vi interessa).

Fatto sta che con i miei tortuosi e diramati pensieri arrivo in fumetteria incredibilmente in anticipo. E, siccome la legge di Murphy si diverte sempre a peggiorare le cose, di contrappeso Gipi sta arrivando in netto ritardo per colpa del treno (strano che in Italia succedono 'ste cose, no?). Meno male allora che non sono sola e che c'è Astrid a immortalare le attese, mentre si chiacchiera, come sempre di fumetti, con chi ne sa più di me.



Poi finalmente l'attesa termina e, come una star holliwoodiana, Gipi viene sommerso dai suoi fan, senza neanche troppo senso visto che c'è un elenco già redatto da seguire. Tra la calca, io e Astrid riusciamo a scattare qualche bella foto (con la sua macchina fotograficavisto che la mia si è data alla bella gioia e non se la sente di fare scatti decenti) durante il firmacopie. Pare che ci sia poco tempo quindi bye bye disegni e presentazione per accontentare tutti!








La mia simpatica macchina fotografica mentre dà i numeri

Poi però la fila si smagrisce, la gente soddisfatta per la dedica se ne va e rimango solo io (e pochi altri) ad ascoltare l'autore confrontarsi con uno dei commessi della fumetteria proprio sulle tematiche del suo ultimo lavoro. Ne escono fuori venti minuti da brivido.

Si dibatte soprattutto sulla figura di Silvano Landi, personaggio che ha messo in secondo piano la sua vita familiare per conoscere la storia del bisnonno che ha vissuto la guerra nella speranza di potersi riunire di nuovo alla sua famiglia. Dal punto di vista del lettore, o almeno dal mio punto di vista, leggere di questo entusiasta ometto che raccoglie e legge lettere commosso e non viene compreso quasi fa male. Ma Gipi mi spiazza e ci spiega che al contrario, pur non volendo suscitare nel lettore i suoi stessi sentimenti, lui lo odia. Lo odia in quanto distruttore del bene più prezioso e caro al mondo: la famiglia, che lui ha, ma non cura, non ama. O almeno non lo fa abbastanza. Si emoziona per storie ormai vetuste e si abbandona al suo entusiasmo cessando di essere la figura paterna di un tempo. Il punto di vista dell'autore, in tal senso, è proprio quello della figlia del protagonista che ormai cresciuto lo rinnega come padre perché non si è occupato delle cose veramente importanti, ma solo di quella stupida storia d'amore d'altri tempi ormai insignificante (punto di vista questo espresso chiaramente a pagina 68). D'altro canto però Landi rappresenta la parte creativa di Gipi, quella parte di lui che si lascia trasportare dalle storie paterne e dalla fantasia e che a volte è esagerata, assume troppa importanza, declinando tutto il resto a suo favore. Quella parte che è troppo legata al racconto e alla storia, quella parte di sé che l'autore conferma di odiare perché non gli permette di dare la giusta importanza alle cose. Quello che fa il protagonista, all'opposto del suo antenato, è mettere da parte e scansare tutto ciò che ha costruito a favore di sogni meno pragmatici e poco importanti. 

Da qui l'autore descrive il processo di lavorazione, avvenuto di getto, senza avere il tempo di comprendere la motivazione dello slancio creativo se non dopo il completamento dell'opera. La spiegazione che si è dato in seguito viene da lui collegata in maniera molto stretta alla scoperta recente di non poter avere figli. La realizzazione dell'opera è stata di fatto uno strumento per accettare l'idea di essere un albero secco, un uomo che a cinquantanni non può iniziare a donare parte di sé alla propria prole, non può smettere di pensare solo a se stesso e donarsi all'essere più importante che la vita concede ad un uomo: un figlio. Così come nel discorso la famiglia è metaforicamente rappresentata da suo zio, vecchio, morente e ridotto ormai a seme raggrinzito (ma fruttifero, dando vita ad un albero verde e rigoglioso composto da figli e nipoti), così l'albero spoglio e grullo rappresenta coloro che non possono avere tale privilegio o se lo privano con le proprie mani adottando scelte egoistiche (proprio come Silvano Landi).

Un percorso che lo ha portato ad accettare la natura come un elemento neutro (né buona, né cattiva) della vita umana e l'esistenza (l'esistenza non si cura di noi e noi non ci curiamo di lei) come l'inevitabile susseguirsi dei moti vitali di ogni singolo individuo. Non c'è male totale, non c'è bene totale nell'esistenza umana, essa prosegue spedita, senza guardare nessuno negli occhi.

E poi c'è l'antenato Mauro, che per amore e per fame di vita è pronto a tutto; deve sopravvivere per tornare dalla sua famiglia e non lasciarla mai più ed è disposto anche a grandi sacrifici pur di ottenere la salvezza (si vedano le pagine 118-119). Mauro esprime con intensità la volontà insita nell'umanità tutta di sopravvivere ad ogni costo, il bisogno di voler vivere la propria esistenza nonostante una lunga lista di rischi incalcolabili. 

Insomma l'uomo vive. Non può che accettare la propria esistenza, che è quella che è, e allo stesso tempo la brama e la coltiva più di ogni altra cosa. 

Poi Gipi si accomiata e scappa a mangiarsi non so quali prelibatezze, mentre io, beduina da quattro soldi che non sono altro, resto ancora dieci minuti buoni lì, a bocca aperta, dopo averlo sentito raccontare l'inside story di Una Storia. E quanto vorrei farmela raccontare ancora e ancora e ancora, con tutte le sue sfumature, l'inside story di Una Storia! Non sapete davvero quanto!



Le foto sono della carinissima Astrid, che in più di un'occasione incontro agli eventi più disparati. I video...fate finta che siano le mie fotografie.







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