venerdì 18 ottobre 2013

ABOUT...COMICS

Per tutte le volte che mi son sentita Dylan Dog

Spiegare chi è Dylan per me non è semplice. Non sono una figlia degli anni ottanta, non ho vissuto l'amore e la passione per il personaggio della generazione che mi ha preceduto e, per quanto ne senta parlare, c'è sempre qualcosa del fenomeno che mi sfugge, che non mi quadra, che non mi permette di decifrare tutta la potenza che c'è nello sguardo del fan innamorato (e che un po' invidio). 

Inizio a leggere Dylan negli anni 2000, il Dylan di Sclavi, le raccolte più belle, le storie più grandi. E mi accorgo subito che faccio fatica a digerire ogni singola pagina. Non mi piace. Vedo solo bianco e nero in quel periodo e Dylan ha troppe sfumature. Non le colgo, non le respiro, non mi immedesimo. L'antieroe non mi convince, non mi soddisfa, non riempie la mia vita. Troppo mammoletta, troppe le paure, troppe le contraddizioni.

Passano gli anni, scopro le mie paure e le mie contraddizioni. Piango a lungo e, per consolazione leggo. Riprendo in mano Dylan Dog e scopro, con strazio ed emozione, che Dylan sono io. Che sotto quei begli occhi e il mascellone alla Rupert Everett c'è una sensibile, ironica e tormentata Ilaria. Tutto diventa grigio, il bianco e il nero non sono più nelle mie corde.Vivo in Dylan le sue avventure e mi riscopro travolta in un mondo dove non c'è una sola certezza. E il mio mondo, quello vero, osservo, non è poi così diverso.

Scopro Mater Morbi e faccio pace con me stessa, con l'odio, la disperazione e la frustrazione alimentate dalla perdite e dalle rinascite che hanno sconvolto la mia vita. Faccio pace con la malattia, che non ho mai temuto per me, piuttosto per gli altri. E che proprio in questa maniera mi ha distrutto. Sadica la malattia! Sa sempre su quale dolore puntare  e sceglie sempre la condizione  più difficile da sopportare.

Quel Dylan Dog che non ho amato sin da subito, ma che ho imparato ad amare, un po' come si impara ad accettare e ad amare se stessi, ha perso il suo spirito da un po' di tempo a questa parte. Strano a dirsi ma mi ero persa un poco anch'io. Solo ora mi sono ritrovata in questo pazzo pazzo mondo fatto di incontri e scontri che ti cambiano continuamente la vita. Spero che, come me, anche Dylan si ritrovi. 

Ma più che una speranza, mi correggo, credo che Dylan in breve ritornerà in sé. Ho visto chi ci lavora, come ne parla, come la vive. A volte le tavole rotonde sul fumetto emozionano a posteriori. E l'ultima a cui sono stata a Cremona è stata un po' così. Riascoltando "il nastro" mi sono ritrovata a rimpiangere, per l'ennesima volta, di non avere qualche annetto in più. Vi offro, tramite un mio scritto, di rivivere anche voi quest'esperienza.

Nel credo che Dylan ancora ci terrorizzi, ci impressioni e ci diverta in un non  tantissimo lontano futuro, vi lascio il link.



Con DYD Stay tunned!

domenica 13 ottobre 2013

COSE MIE SERIE (!)


Da Fables deluxe 1, passando per Treviso...e dal Centro fumetti Andrea Pazienza a Dylan Dog!

Per l'ennesima volta non resisto. Vado a Cremona per seguire ancora una volta i miei soliti eventi fumettistici.


In fondo quando mi ricapita di ascoltare il trillo del diavolo suonata al clarinetto? Quando mi ricapita sentir parlare Casertano, Ambrosini e Recchioni insieme di Dylan e di musica? E soprattutto non volevo mica vedere la mostra per i 25 anni del Centro fumetto Andrea Pazienza? E' tutto un sì. Cremona sono tua!

Mentre presto prestissimo ve ne parlerò nei miei articoli beccatevi 'sta foto! Perché è un po' inquietante incontrare Cagliostro poco prima di un incontro su DYD. Quasi quasi inizio a credere alle entità demoniache e agli universi paralleli!



Ora che sapete che cosa vi aspetterà nel futuro, invece metto i link dei miei ultimi articoli, rispettivamente la recensione di questo fumetto qui, che mi ha tanto divertito...


...e il mio resoconto della giornata passata al Treviso Comic Book Festival, da me definita fiera del fumetto DURA e PURA! 


Trovate i link qua sotto. Buona lettura!


Resoconto Treviso Comic Book Festival (da qualche parte nel sito trovate anche le foto)

venerdì 11 ottobre 2013

Racconti(di)MI

Semmai qualcuno vi dicesse che i Milanesi son gentili, non credeteci troppo!

Siamo studentesse in affitto, senza la mamma che ci cucina, ci tira su il letto, ci lava i piatti e ci fa la spesa. Siamo perciò costrette (non che non ci faccia piacere prendere un po' d'aria, ne!) a incamminarci ogni settimana per la solita monotona strada trafficata e (stranamente) senza semafori che ci porterà dritte dritte alla nostra metà: il supermercato. Arriviamo, prendiamo il carrello, scegliamo i prodotti necessari (e una sana dose di vaccate), paghiamo e ce ne andiamo, come qualsiasi persona normale. Un po' appesantite dalle buste, ma ci sentiamo felici. Ci aspetta la preparazione di una carbonara coi fiocchi.

Poi arriva lei. 

E' un'elegante donna anziana, magra coi capelli chiari e corti, ben curati. E'ben vestita, ma non eccessiva con il suo maglioncino di cashmere e i suoi mocassini color mattone. E' chiaramente una  milanese doc. Ci osserva e già guarda male. Poi ci fa un cenno e domanda: <<Scusate, avete idea di dove si prenda ora la 90?>>. Conosciamo tutte e tre bene la linea, ma ci sono dei lavori in strada e non ci è dato di capir nell'immediato dove sia stata spostata la fermata. Io gentile e sorridente le rispondo: <<Di solito passa qui. Ma oggi ci sono i lavori, quindi presumo...>>. E poi accade. Mi interrompe, la simpatica nonnina, sgretolando il buonumore che aleggiava tra di noi, e più scorbutica che mai, esclama: <<Grazie lo vedo che ci sono i lavori! Non sono mica cieca!>>. Senza perder la pazienza e ricolma di buoni propositi, Giulia pensierosa cerca di concludere: <<Se ci sono i lavori, non potrà passare di qua e quindi forse le conviene...>>. E la donna, ancor più seccata e stizzita, ci blocca di nuovo, asserendo questa volta: <<E ci credo! Gli autobus mica volano!>>. E poi se ne va arrabbiata da dove se ne era arrivata, lasciandosi indietro una buona dose di nostri sommessi "Vaffanculo!".


*Sono queste le persone che rovinano Milano, facendola vivere male agli studenti e rendendo la città antipatica ai più. Io che Milano non l'ho mai calpestata e non ho mai calpestato un milanese (mai!) a volte non mi capacito di come loro possano ancora trattare noi come degli estranei. A volte, anzi spessissimo, siamo noi la città più di loro, l'amiamo più di loro, la volgiamo migliorare e ci impegniamo più di loro per poterlo rendere possibile. Quindi milanese rispetta lo studente che è gentile con te. Coccolalo. Perché è il futuro. Sicuramente è il futuro di Milano più di te!*

giovedì 10 ottobre 2013

I FUMETTI, I FUMETTISTI...ED IO

Leo Ortolani -Parte 1

E’ un periodo difficile per me. Mi sento brutta, goffa e stupida e si avvicina la maturità. Vedo in Rat-man la mia salvezza. Ortolani è in grado di offrirmi un prodotto di puro intrattenimento (o almeno così credevo a quell’età, quando l’unica cosa di cui avevo bisogno era non pensare) che mi permette di non soffermarmi ogni secondo sulla mia condizione di emarginata. E fa l’occhiolino alla geologia, il mio amore di sempre, il mio futuro. Iniziata l’università, tarpino Enrico per andare a Lucca insieme, per vedere Leo, il nostro idolo; è un’ovvia scusa per capire dove sta andando il nostro rapporto, altalenante tra una pomiciata e una sua fuga, l’ennesima. Però Leo nel cuore ce l’avevo e non vedevo l’ora di esprimere la mia gratitudine. Mi aveva fatto sopportare la scuola e io il liceo l’ho odiato un bel po’. 

Dopo un ora e mezza di attesa gli sono davanti. Blocco. Non riesco a parlare, divento viola e gli dico con un filino di voce che voglio mi disegni Rat-man. Poi provo a parlare: <<Mi puoi firmare questo quaderno? E’ dell’università. Studio geologia>>. E lui: <<Studi geologia? Auguri allora!>>. Il cuore mi pulsa forte in petto e non riesco a trattenermi. Alzo la mia melodiosa voce squillante e dico: <<Posso darti un bacio?>>. Così senza spiegare neanche il perché. Tra l’altro credo proprio che il mio intento iniziale non fosse quello di dargli un bacio, ma di riceverne uno. Mi sono pure sbagliata! La domanda ovviamente genera una gran bella battuta: <<Ma io sono sposato!>>. Ma poi mi porge la guancia, io lo bacio e sono contentissima!

Esco dallo stand e raggiungo Enrico, che di file non ne fa neanche a morire, gli salto addosso di peso e gli urlo subito dopo: “Ho baciato Leo Ortolani!”. E lui: “Ma che schifo! E ora baci me? Ora mi sembra proprio di aver limonato con Ortolani. Cazzo!”.

*Lucca si avvicina. Vi propongo le mie vecchie avventure nella capitale del fumetto*

sabato 5 ottobre 2013

COSE MIE SERIE (!)

In principio volevo aspettare il 16 Ottobre...ma le cose cambiano
  • Quando ho scoperto dell'esistenza di Orfani? Tardi e dallo stesso co-creatore della serie. Intervistavo Roberto Recchioni nel maggio 2013 in occasione del lancio dell'edizione deluxe di Mater Morbi (intervista che trovate QUI). Alla domanda progetti futuri in cima alla top ten c'era Orfani.
  • Come volevo comportarmi con Orfani? Non volevo sapere NULLA, volevo tenermi all'oscuro da OGNI COSA. E intanto il mondo passava. E io BA BA BA BA BA BA BA BA (tappandomi le orecchie con gli occhi ben chiusi). Ma amo troppo l'ambiente fumettistico e non ce la faccio a dir di no. Mi sono lasciata abbracciare da tutta quella dolce e inebriante campagna pubblicitaria al gusto di anteprime, work-in-progress e amabili chiacchierate. Sapevo cos'era Orfani.
  • Come mi sono comportata con Orfani? Ormai sapevo, volevo sapere di più. Le idee che ci stavano dentro e dietro mi allettavano. Inesorabilmente cresceva in me il desiderio di approfondire. Di sapere tutto di quel mondo fantascientifico in cui mi premeva andare. Ho letto il leggibile e visto tutto il visionabile. Mi sono drogata di Orfani.
  • Con chi ho parlato di Orfani? Con tutti. Dai giovincelli ancor più acerbi di me che istruisco, ai coetanei disinteressati e disincantati, a chiunque potesse essere interessato. Ma anche a quelli che interessati non lo erano per niente. Gazza ladra di Orfani 0 ai Gamestop ho rifornito amici, parenti e conoscenti dell'anteprima più tangibile a disposizione. Ho pubblicizzato nel mio piccolo Orfani.
  • Quando ho letto Orfani 1? Prima del 16 Ottobre. In anteprima. Mi sono accecata al computer osservando ogni piccolo dettaglio di Orfani.
Non mi sono mai chiesta se valesse la pena essere così morbosamente allettati da una serie, mi fidavo a priori dell'equipe di lavoro che da innumerevoli anni cercava di creare un prodotto coerente. Non ci ho mai sperato, CI HO SEMPRE E SOLO CREDUTO. 

E ho fatto proprio bene. Perché avendo modo di leggere il primo numero, Piccoli spaventati guerrieri, ho visto le mie aspettative tramutarsi in realtà. Ma soprattutto ho visto traspirare dalle tavole, dai colori e dai dialoghi tutta la professionalità e la voglia di fare degli autori. Quando un'opera ha un'anima è difficile che non entri nel cuore dei lettori. Io auguro a tutta la squadra di sceneggiatori, disegnatori e coloristi che Orfani vada magnificamente. Un prodotto così merita di vendere, di essere amato, di andare avanti. 

Vi lascio qua sotto la mia recensione. Ho cercato di metterci cuore e di dare peso alle constatazioni immediate suscitate dalla lettura. Non ho voluto entrare dentro la costruzione dell'opera e non ho tentato di cercare spiegazioni arzigogolose per ogni scelta stilistica, ma solo esprimere il perché a me è piaciuto. Buona lettura!


Infine ne approfitto per ringraziare chi mi ha permesso di leggerlo e parlarne in anteprima. Non era dovuto. Quindi grazie.

*Tutte le immagini presenti sono tratte dalla pagina di facebook ufficiale: Orfani.*

mercoledì 2 ottobre 2013

TRA SOGNO E REALTA'

C'era una volta un uomo

C'era una volta un uomo che, per puro caso, inciampò nella mia vita. Si ritrovò scaraventato nella minuscola casetta in cui abitavo. Era tutto molto strano perché dentro non ci era entrato mai nessuno. Ero timida e non ci facevo entrare mai nessuno. Era bello avere qualcuno accanto a me con cui chiacchierare. Conosceva il mondo, aveva provato tante cose e poteva insegnarmi a vivere. 

Ma io non ascoltavo. Ero stata sola per così tanto tempo...troppo tempo. Lo ascoltavo solo per finta. Volevo parlare. Di me, della mia vita, dei miei problemi. E cosi facendo parlai, ma non parlai di niente. Perché io, la mia vita e i miei problemi erano vuoti. Riempii il mio ospite di parole senza significato.

Ma lui rimase, con un sorrisetto lungo il viso, gli piaceva il gioco duro. Voleva che la mia bocca sussurrasse almeno un'osservazione, una parola significante. Aspettò. Continuò ad ascoltare. E così facendo smise anche lui di vivere. Dimenticò le sue esperienze, disimparò le sue conoscenze, smise di raccontarle.Si scordò tutto.

Divenne un uomo vuoto. E gli uomini vuoti trovano il modo di scappare. Ma non dalla mia casa, in generale dalla vita. Si uccise che ero lì. Io ero sempre lì. In casa. Non facevo altro che stare sempre lì.

Allora capii quel che dovevo fare. Spalancai l'uscio e iniziai a vivere. Dovevo vivere. Non più solo per me, ma anche per lui. 


*Rosa visse intensamente anche per lui ogni attimo della sua vita. Ma non seppe mai che l'Uomo non era mai diventato veramente vuoto. Neanche per un'istante.*