domenica 21 settembre 2014

Il ritorno al futuro di Dylan Dog

A pochi giorni dal rilancio di Dylan Dog (o meglio, dal downgrade, come preferisce chiamarlo il curatore della testata Roberto Recchioni), mi sono recata a Cremona con lo scopo di ammirare l'esposizione di alcune tavole inedite dei futuri albi. Per l'occasione, oltre a Franco Busatta, erano presenti gli autori del numero 337, Spazio Profondo: lo stesso Roberto Recchioni e Nicola Mari che, con estrema disponibilità, ci hanno parlato del loro lavoro di "rimodernizzazione" della serie.


Come sempre potete trovare il mio resoconto QUI nel sito de Lo Spazio Bianco, per cui scrivo ormai da un anno (come passa il tempo quanto ci si diverte!).

Visto che molto spesso gli appassionati mi fanno delle domande sul futuro di Dylan, ho deciso di ricapitolare il mio anno per fiere ed eventi, alla scoperta di qualche interessante chicca sul nostro Indagatore dell'Incubo preferito, nel suddetto post. 

Perdonatemi, ho deciso di utilizzare la regola delle 5 W. Ma, in fondo, che male c'è? Si tratta del principio su cui si basa il giornalismo anglosassone perciò rimango in tema, considerando il fatto che Dylan è inglese e vive a Londra.

CHI? 

A portare avanti il downgrade ci sta pensando Roberto Recchioni. Il curatore, scelto dallo stesso Tiziano Sclavi, è aiutato da Franco Busatta e da un equipe d'autori d'eccezione composta da Paola Barbato, Gigi Simeoni, Nicola Mari, Angelo Stano e Bruno Brindisi, solo per citarne alcuni. 

ILaMenca: "Quali sono i tuoi progetti futuri? Su cosa stai lavorando"
Rrobe: "[...] Poi ci saranno delle cose interessanti su Dylan Dog, ma è ancora presto per parlarne. Poi vedrai."

Fu così che mi disse Roberto Recchioni la prima volta che lo incontrai. Gli stavo facendo alcune domande per Italian Post, sito ormai defunto per cui ho collaborato con impegno e dedizione fino allo scorso Marzo (ahimè, non tutto va per il verso giusto) e per il quale intervistai l'autore in occasione della ristampa di Mater Morbi. La seconda volta che lo rividi venne ufficializzata la cosa, in Feltrinelli, a Milano, quasi alla chetichella, con la sorpresa dei fan presenti (o almeno della mia).



Ora, che è più di un anno che le cose sono ufficiali, il papà di John Doe si esprime così:

"Mi è arrivata la proposta personale da parte di Tiziano Sclavi di diventare curatore. Non me lo aspettavo assolutamente, avrei detto volentieri di no perché sapevo quanto sarebbe stato difficile e quanto la cosa mi avrebbe esposto all'attenzione di tutti, ma non si può dire di no a Tiziano Sclavi quindi con la mia proverbiale irruenza ho iniziato questo lungo percorso."

C'è chi si fida e c'è chi non lo fa. Dylan Dog rimane comunque nelle sue mani.

QUANDO?

Le storie nuove al 100% le avremo in mano a breve, dal 27 Settembre 2014. Gli albi che ci hanno accompagnato per tutto lo scorso anno sono 12 storie scelte da Roberto Recchioni dagli archivi e mandate in stampa dopo una revisione dei dialoghi attuata dallo stesso curatore insieme a Tiziano Sclavi, Mauro Marcheselli e Paola Barbato. 



Insomma non ci resta che fare il countdown...

COME? 

Il Come è senza dubbio la parte più interessante di tutto il discorso. Il punto essenziale su cui si basa il downgrade di Dylan Dog è il ritorno agli anni 2000. Di fondo possiamo dividere il processo in tre parti: la modernizzazione di Londra, la modernizzazione del mondo intero e la modernizzazione della struttura narrativa degli albi. In mezzo c'è il bisogno di ridare peso ad alcuni dei personaggi del dylandogverse, come si dirà in seguito a proposito dell'ispettore Bloch.

Modernizzazione di Londra

La Londra fittizia di Tiziano Sclavi ci piace e a nostro modo l'amiamo, ma non è la Londra che conosciamo tutti, quella che ci ritroviamo davanti quando prendiamo il nostro volo low cost e approdiamo in Inghilterra. Con l'intento di coinvolgere un pubblico nuovo, più giovane, si è deciso di cambiare e di rendere vera la città di Dylan Dog.

"Vogliamo portare Dylan nel mondo presente e per questo, in primo luogo, abbiamo lavorato su Londra. Oggi ogni ragazzino con trenta euro in tasca può andare a Londra, tornare, leggere Dylan Dog e osservare che la Londra in esso narrata è un posto che non esiste. Perciò nei nuovi numeri Londra diventerà la Londra reale, con le sue comunità, con i suoi negozi e con le persone che la popolano"

Una Londra vera con gente vera che vi abita. A tal proposito i nuovi personaggi che verranno inseriti nella continuity nel numero di novembre rappresentano il tentativo di descrivere la Londra multietnica a cui siamo abituati a pensare. L'ispettore Carpenter (capo della polizia di colore) e l'assistente Rania (islamica con il velo Hijab a coprirle i capelli) sono l'esempio del grado di integrazione rilevabile nella capitale inglese.



Modernizzazione del mondo intero


Ampliamo il discorso fatto in precedenza alla Gran Bretagna e al pianeta per intero.

Poco tempo fa è stata presentata sulla pagina facebook ufficiale di Dylan Dog la copertina del numero di novembre con il sottostante commento:

Questa dovrebbe essere la copertina di Dylan Dog 339. Usiamo il condizionale perché, forse, oggi lo Union Jack cambierà per sempre.



Il post si riferisce alla possibilità, scongiurata, che la Scozia potesse votare in maniera favorevole al referendum per l'indipendenza dal Regno Unito.

Si tratta perciò di un cambiamento profondo del fumetto, che dovrebbe iniziare a raccontarci di un mondo che riconosciamo. Uno degli aspetti presi in considerazione a questo punto è il rapporto che c'è tra il mondo e la tecnologia (avete letto bene, tra il mondo e la tecnologia, perché dal canto suo Dylan odia la tecnologia e continuerà a farlo). Prendiamo le ricerche dell'Old Boy e immaginiamo di realizzarle nel nostro mondo; appare immediato pensare alla consultazione degli archivi come un metodo di indagine un po' obsoleto.

"Io per primo non pagherei mai un detective che non sa accedere a Google! Dylan continuerà a non saper usare il computer, ma Groucho avrà uno strumento, che sarà uno smartphone. Sarà un oggetto divertente perché come gli attuali smartphone avrà una propria intelligenza artificiale che parlerà con Groucho e odierà Dylan. Questo permetterà a Dylan di ottenere informazioni su Google o su Wiki."

A tal proposito anche il nuovo arcinemico dell'Indagatore dell'Incubo, John Ghost, dovrebbe rappresentare l'ambiguità del genere umano, derivata dalla necessità di sottacere i problemi del mondo per il proprio tornaconto (leggasi, ad esempio, l'uso smodato degli smartphone pur conoscendo la provenienza di questi ultimi e i problemi etici che ne derivano).



Modernizzazione della struttura narrativa degli albi

La griglia Bonelli non subisce modifiche, ma di contraltare la narrazione di albo in albo viene modificata sulla scia di telefilm come Dottor House, che permettono una fruizione sia continua che intermittente del prodotto. Sarà perciò introdotta una continuity molto soft che darà modo di seguire Dylan Dog in un vero e proprio percorso alla scoperta di altri lati di sé.

Il tentativo di avvicinarsi al fumetto superoistico è accentuato anche dalla prossima presenza di un cross-over tra Dylan Dog e Dampyr, come ebbe modo di spiegare lo stesso Roberto Recchioni a Lucca Comics & Games 2013:


“Dampyr avrà un crossover sulla serie regolare di Dylan Dog, cioè una storia che inizierà su Dylan e terminerà in Dampyr, rimanendo comunque autoconclusiva anche se acquistata singolarmente. Le due storie insieme daranno invece vita ad una storia lunga.”

Il non ancora Ex Ispettore Bloch

E poi c'è il caso Bloch, che ha creato panico e scalpore tra i fan. Nel tentativo di dare maggiore spessore all'ispettore si è deciso di mandarlo in pensione e di farlo ritirare a Wickford (sempre che abbia sentito bene il nome all'ultimo incontro di Cremona) con l'intento di rendere la vita dell'Old Boy un poco più problematica, lasciandolo nelle grinfie dell'ispettore Carpenter.

"Bloch va in pensione, ma non muore né tanto meno esce di scena! Sarà più presente di prima e avrà un ruolo più interessante di quello odierno; non sarà più un mezzo, un mero strumento narrativo che risolve a Dylan determinati problemi. Poiché il personaggio non fa più alcun tipo di evoluzione da anni, lo facciamo uscire da questa gabbia che gli è stata costruita intorno e lo riportiamo di nuovo ad essere un personaggio cool."




DOVE?

Negli albi! E dove, se no? 

Ma ricapitoliamo le testate dedicate al personaggio che si salvano...

Serie regolare

337 Spazio Profondo, prologo fantascientifico sceneggiato da Recchioni, disegnato da Mari e colorato da De Felici, con lo scopo di dare uno scossone forte in grado di far capire ai lettori che non si scherza più e che a Dylan Dog potrà accadere di tutto.

338 Mai più, Ispettore Bloch,110 pagine di 
commedia nera stile Monty Python con cui dire addio all'Ispettore Bloch, figura centrale dell'albo. Disegnato da Brindisi e sceneggiato da Barbato che, sempre allo scorso Lucca Comics ha dichiarato:

“Tutta la storia compie un arco prevalentemente emotivo, che noi ci siamo giocati in maniera divertente. Roberto mi ha indirizzato verso il mantenimento di toni più leggeri in modo da raccontare la cosa in maniera più divertente e divertita. L’evento è infatti già di per sé drammatico poiché narra di una rottura col passato. L’ispettore ne esce bene e rafforzato come personaggio, levandosi di dosso la patina del povero uomo che deve lavorare e non ne ha più l’entusiasmo"


339 Anarchia in Inghilterra, sceneggiato da Simeoni e disegnato da Casertano, si rifà al vivo ricordo dei riots per introdurci il nuovo ispettore Carpenter e la sua assistente.

"La reazione di Carpenter nei confronti di Dylan è quella che ha Striscia la Notizia nei confronti di Vanna Marchi. L'ispettore vede Dylan come una specie di buffone che deve essere distrutto anche a colpi di articoli sui giornali."

340 Il sospetto (titolo non ancora definitivo), con ai testi Medda e al disegno Nizzoli narra della prima visita di Dylan Dog all'ispettore Bloch nel villaggio in cui si è ritirato.

MAXI Dylan Dog Old Boy

In cui saranno proposte storie tradizionali, senza le modifiche al dylandogverse.

ALMANACCO

In cui verranno raccontate delle storie ambientate a Wickford, nella nuova residenza di Bloch e dove troveremo al lavoro disegnatori classici come Mignacco, Roi e Piccatto e new entry come Riccardo Torti.

SPECIALE

In cui verranno narrate le vicende ambientate nel Pianeta dei Morti di Bilotta.

COLOR FEST

In cui si sperimenterà e si tenterà di ritornare alla stimolante atmosfera degli albori.

Negli albi troviamo un connubio di autori classici (Ambrosini, Bacilieri, Casertano, Mari, Piccatto, Roi, Mignacco e Chiaverotti per citarne qualcuno) e nuovi (Baraldi, Ratigher, Simeoni) per Dylan Dog. A voi la scelta!

PERCHÈ? 

Il perché è facile. Dylan Dog, vuoi o non vuoi, ha smesso di essere il personaggio che era, quello che sconvolgeva gli adolescenti con le sue citazioni cinematografiche e i suoi misteri irrisolti. Quindi se,da un lato, è necessario capire che i tempi son cambiati e che i rimandi al cinema non hanno più l'impatto che avevano sui ragazzi negli anni '80 (quanto per vedere un film dovevi aspettar per lo meno l'uscita della VHS), dall'altro è necessario ridare l'enigma e il dubbio in mano a Dylan Dog. Si cerca perciò di tornare alla formula "domanda senza risposta" perché l'Old Boy combatte davvero i fantasmi dell'uomo, ma spesso non li comprende.

"Dylan non deve essere un quarantenne comodo, deve essere un trentenne scomodo che ha le sue difficoltà, le sue inquietudini e che vive con intensità ogni situazione ponendosi al centro di esse."


Non ci rimane che sperare che Dylan Dog rimanga al centro dei nostri cuori per molto tempo ancora e che il nuovo Dylan ritorni ad essere definitivamente se stesso.

Ma c'è un ultimo perché a cui rispondere. 

"Perché ti fai un mazzo tanto per sto Dylan Dog?"

E la risposta è: "Perchè lo amo"




*Ho un sacco di amici che seguono e amano Dylan Dog. Molti ne sanno più di me, mi consigliano gli albi imperdibili e si confrontano in maniera stimolante con la sottoscritta. Beh, amici miei, questo scritto è per voi che non avete potuto accompagnarmi ai numerosi incontri a cui ho partecipato, ma che avreste tanto voluto.*

venerdì 19 settembre 2014

Sul Falcomics

Il mio tour per le fiere del fumetto di tutta Italia continua e visto che è appena stato pubblicato un mio pezzo sul Falcomics che si è tenuta nella marchigiana Falconara dal 29 al 31 Agosto ne approfitto per segnalarvelo e dirvi che non è finita qui.

Dopo un periodo di pausa estiva che mi ha allontanato un po' dal fumetto per cause di forza maggiore mi sono ritrovata in una calda giornata di fine agosto ad osservare maestri come Enrique Breccia al lavoro.

Ho avuto modo di chiacchierare a lungo con Gud a proposito di fumetti per bambini e ho assistito ad uno scambio di caricature tra lui e il mio compagno di avventure (e di lego Simpson) Enrico Pierpaoli (che se volete vedere i suoi disegni basta andare nel suo blog) davvero memorabile. 

Qua sotto trovate le mie fotine, quello che avevo da dire l'ho già detto nell'articolo per Lo spazio bianco. In fondo il mio contributo, perché ogni tanto disegno anch'io!

Gara Cosplayer

 Mostra Enrique Breccia





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Sacro e Profano



E dulcis in fundo...



mercoledì 17 settembre 2014

I 5 Perché Sì di Si alza il vento

Domenica sono andata a vedere Si alza il vento, l'ultimo film di Miyazaki. Ne hanno parlato un po' tutti. E come evitare! A chiudere la carriera in bellezza non ci riescono mica in tanti. Lui sì. 


Trovo toccante che nel lungometraggio Miyazaki si apra totalmente al suo pubblico in modo poetico e bizzarro riunendo passioni, esperienze di vita e pensieri personali tutti in un unico film. Ma non mi voglio dilungare sul concetto o fare una recensione tutta mia. L'unica cosa che conta ora è dire i miei cinque Perché Sì.

  1. Gli occhiali di Jirō Horikoshi
    La scena iniziale in cui il giovane sogna di volare su un aeroplano e che si tramuta in incubo per via della perdita dei suoi occhiali mi ha subito disarmato. La miopia rappresenta il primo grosso inciampo nella vita del protagonista, fastidio che lo porta a riflettere su quali siano le sue possibilità di pilota e progettatore di aerei. A indirizzarlo verso quest'ultima opzione sarà in sogno il Signor Caproni. Ma quali altre possibilità aveva il piccolo Jirō? Gli aeroplani non possono essere guidati da chi ha difetti di vista. Il momento in cui il giovane si sveglia e vede appannato il mondo attorno a sé è anche il mio modo di percepire ciò che mi circonda. E, con la consapevolezza e la tristezza di sapere come ci si sente, mi chiedo: "Che la vita di Jirō Horikoshi sia andata così per colpa degli occhiali?"
  2. Le sigarette spente e impilate nel posacenere
    Il tempo passato a studiare matematica, a lavorare sulle progettazioni e a risolvere gli inghippi meccanici e ingegneristici è scandito dal numero di sigarette nei posacenere. Inutile dire che sono sempre tutti pieni. La sigaretta diventa qui uno strumento per concentrarsi, tranquillizzarsi e lavorare. Ma soprattutto è il simbolo della frustrazione, del sogno che non si realizza.
  3. L'aereoplanino di carta
    Che cos'è l'amore se non un gioco? Il tenerissimo momento in cui i due giovani protagonisti capiscono di amarsi è scandito dai lunghi viaggi di un aeroplanino di carta. Non si può far a meno di immedesimarsi, di ricordare quei momenti in cui anche noi siamo così. Buffi, bambineschi e concentrati solo su quella persona là, l'unica che conti, la più importante al mondo.
  4. Il terremoto
    Ogni tanto ritorna il fatto che io sia geologa. E la riproduzione animata del fenomeno mi ha in un certo senso riportato alle mie radici. C'era tutto: la distruzione, i movimenti oscillatori e sussultori, l'incredibile forza bruta della natura. E c'era in un certo senso anche la calma tutta giapponese di chi un fenomeno così lo vive da sempre e che non si sconvolge più di tanto. Vedendo l'ordine con cui gli uomini in treno si dirigevano ordinati verso la città distrutta mi son detta: " Se capitava in Italia, sarebbe stato proprio uguale!"
  5. La forza dei desideri
    Jirō desidera progettare aerei e finirà per farlo, ma a caro prezzo. Dover fare a meno dei momenti con Naoko è la vendetta del mondo. L'uso del suo prototipo in guerra, senza possibilità di ritorno, è la vendetta del tempo. Perché, noi lo sappiamo, la vita è così e rincorrere un sogno, un desiderio, avere delle aspirazioni, se perseguite con le massime forze, costa. Si paga sempre tutto nel nostro mondo. E anche in quelli di Miyazaki. Ed è così che ascoltando il dialogo tra il protagonista e Caproni:
    C: "Preferiresti un mondo con o senza piramidi?"
    J: "Un mondo con le piramidi."
    A me è tanto venuta voglia di dire: "No, un mondo senza!"
Recuperatelo Si alza il vento! Merita ancora molti altri 5 Perchè Sì!

giovedì 11 settembre 2014

Io sono L'idiota

-Ma secondo me Nastasia Filippona...
-Ilaria Nastasja Filippovna!
-E va beh! Mica lo so il tedesco!

Questa è per darvi una dimostrazione dei miei strafalcioni. Chi mi conosce lo sa, ne faccio almeno tre al giorno. Uno dei motivi per cui sono la Buffa ragazza marchigiana a milano è proprio dovuto al fatto che io sia ridicola, che me ne vergogni e che diventi più ridicola ancora. Fa parte del mio carattere e solo dopo tanto duro lavoro ho imparato ad accettarlo. 

Che poi, a dirla tutta, è una buona arma da giocarsi con gli uomini.

Il tremendo SFONDONE (leggasi appunto strafalcione, è marchigiano) che vi ho propinato qui sopra, oltre ad essere un eclatante perla è la dimostrazione che, nel bene e nel male, ho letto L'idiota di Dostoevskij.

Ora (devo precisare) lo so che Dostoevskij è russo, dovete capire che in certi momenti il mio cervello non è ben collegato con la lingua. Quelli sono i momenti più belli, in tutti i sensi. 

In realtà il discorso con Stefano era iniziato nel migliore dei modi. Tipo così.

-Allora hai letto L'idiota.
-Si e, non so perché, ma la prosa di Dovstoeskij pare fatta apposta per me.
- Ti è piaciuto?
- Si, molto. Ne ho tratto numerosi spunti.
-Tipo?
-Tipo che io sono L'Idiota
- Che bella cosa che stai dicendo!
-E ma non è mica facile essere L'Idiota! Se poi hai anche una maledetta puntina di Ganja in te, rischi di finire nei guai...

L'Idiota, costretto a comprendere ogni sfumatura dell'altro, è la riproduzione di tutti coloro che nell'epoca moderna sanno solo dire Grazie e Scusa. L'Idiota è quel tipo che se sbagli capisce e perdona subito perché tanto sa che sei fatto così. L'Idiota è quello che si fida di te e ti da l'opportunità di cambiare, di essere migliore, ma ti perdona se non ci riesci. L'Idiota accetta che gli si venga fatto del male, ma si disprezza quando il male lo provoca lui. E, che sia ben chiaro, L'Idiota non cerca mai di fare male a nessuno.

Non vuole farsi notare, L'Idiota, vuole solo avere dei buoni amici e vivere in società. L'Idiota però viene notato da tutti perché l'estremo altruismo è sempre sinonimo di eccentricità. E finisce per essere il centro di tutto, o meglio il centro del niente.

L'Idiota ama tutti e, per questo, non ama mai davvero.

E sì, un po' Idiota lo sono anche io.

Ma una cosa che spesso non si sa degli Idioti è che il male ad essi fatto, seppure perdonato, male ha fatto. L'Idiota non lo si vede soffrire, lo fa in silenzio, da solo. L'idiota finge che sia la malattia. Ma la malattia dell'Idiota altro non è che quell'inguaribile necessità di farsi perdonare dal mondo. Perché è sbagliato lui, non tutto il resto.

Quindi, se incontrate per strada L'Idiota fategli un favore. Salvatelo da se stesso. Se lo merita.

L'idiota.



mercoledì 10 settembre 2014

Maratona dei corti d'animazione al Milano Film Festival

Ebbene sì, ieri mi sono presa la mia bella copertina di lana e sono andata a Parco Sempione, proprio a fianco del Castello Sforzesco, per farmi una scorpacciata di corti di animazione. Non so se a voi ve ne freghi niente, ma vi faccio un piccolo resoconto di quello che ho visto e di come l'ho trovato. Non sono un'esperta e tutto quello che scriverò dipende dai miei gusti personali. Di genere prediligo le animazioni che raccontino una storia o che quanto meno sappiano farmi emozionare. Insomma per me è indispensabile che ci sia una storia, che sia chiara e che ci sia un significato intrinseco ben espresso dalle stesse immagini.

E ora sotto a chi tocca!
  • Alfred Jerry & 'Pataphisics
    "Alfred Jarry (Laval, 8 settembre 1873 – Parigi, 1º novembre 1907) è stato un drammaturgo, scrittore e poeta francese. La sua commedia più famosa è l'Ubu Roi (1896), considerata caposaldo e vera e propria pietra miliare del teatro dell'assurdo. I testi di Jarry sono considerati tra i primi sul tema dell'assurdità dell'esistenza e hanno a che fare con il grottesco e il fraintendimento.", dice wikipedia. Prima di vedere il corto non sapevo neanche chi fosse Alfred Jarry, non sapevo nulla delle sue opere e del suo genio e non sapevo cosa fosse la patafisica (" è la scienza delle soluzioni immaginarie, che accorda simbolicamente ai lineamenti le proprietà degli oggetti descritti per la loro virtualità" con cui ha creato nonsense e effetti comici utilizzando termini scientifici e accademici). Ora invece so qualcosa in più e l'ho scoperta in maniera divertente. Come non apprezzare?

  • An adventurous afternoon
    Un'avventura nello spazio che fa l'occhiolino ai comics degli anni Trenta e Quaranta. Disegni particolari e apprezzabili, ma niente di che.

  • Bang! Bang!
    C'è dentro il bisogni di liberarsi di una figura paterna ingombrante e a cui non si dice mai di no. C'è la caccia e le armi da fuoco che appaiono come una sorta di metafora delle ferite interiori inferte e ricevute. C'è un lupo selvaggio che difende la sua libertà e la sua vita. Perché solo una vita libera è davvero una vita vissuta. E delle volte servono proprio dei grossi no. Toccante e dai disegni eleganti, merita una visione.


  • Baths
    Due anziane signore nuotano e all'improvviso ogni fantasia prende forma e la gioventù riaffiora. Ma soltanto per un breve sogno ad occhi aperti. Carino e decisamente ben disegnato.

  • Black Tape
    La guerra a passo di tango. Quando la musica e il ballo diventano un veicolo per sottolineare l'atrocità dei combattimenti corpo a corpo e la loro totale assenza di scopo. Per chi ne sa più di me alcuni momenti del corto si riferiscono a momenti salienti del conflitto israelo-palestinese. Idea geniale e corto godibile.

  • Cruise Patrol
    Rilettura del cinema dei ruggenti anni ottanta e di tutto ciò che è considerato cinema di sottogenete, il corto narra la storia di un salvataggio. Ranger vs crudeli orsacchiotti di peluche! Divertente, ma niente di che. Il tratto non era di mio gusto.

  • Don’t Hug Me I’m Scared - Time
    Ragazzi era un video musicale. Non sono riuscita a sopportarlo. Ma de gustibus, visto che si tratta di un fenomeno virale.

  • Fingers Tale
    Vi siete mai chiesti se sia stata solo la fortuna ad evitare che vi tagliaste le dita delle mani con un coltello durante le preparazioni in cucina? Se la risposta è no, dovreste farlo. Il corto turco è stato davvero tra i più divertenti della maratona, permettendo di osservare cosa fanno le dita durante un istante di tempo congelato con una vera sorta di parodia cinematografica dei genere thriller e action.


  • Hasta SantiagoToccante racconto del percorso per raggiungere Santiago de Compostela tra uomini e donne che vale la pena di conoscere e città che si respirano grazie alla potenza dell'animazione. Nonostante il tema non mi tocchi più di tanto il corto è davvero ben fatto e alcune scene (i girasoli che seguono il passaggio del protagonista, la corsa in groppa ai topi e la sequenza dei cuori) ti entrano dentro.
  • High WoolPerfetto e geniale. Come riuscire a raccontare al meglio lo scontro tra due pistoleri? I duellanti, composti di filo, spariscono letteralmente dall'animazione a causa della velocità delle pallottole che trascinano i due e li trasformano in una balla di fieno danzante. Come dire la violenza genera solo polvere, ma farlo in modo molto figo! Ripescatelo, ne vale davvero la pena.
  • Homo Homini BisonteLa storia dei bisonti, un tempo numerosi in America, oggi specie in via d'estinzione. Il corto in questione è ricco di piccole perle umoristiche oltre ad essere di facile fruizione. Ti fa innamorare sin da subito degli enormi erbivori che sono solo capaci  di correre e, in un certo senso, scappare dall'uomo. Tutto questo e molto di più. Non vedo l'ora di poterlo rivedere per parlare con maggior cognizione di causa.




  • I like it when you're goneCarina la tecnica utilizzata, ma il viaggio della protagonista, tra una navigazione in barca e una cavalcata sul pesce non mi ha commosso. Rimane comunque un bel modo per descrivere le sensazioni che solo il mettendosi in marcia si possono provare.
  • Jhonny Express
    Davvero spassoso! Inoltre ho un debole per la tematica affrontata che mi ha fatto tanto pensare al secondo volume del graphic novel Hilda di Luke Pearson. Il pony express Jhonny deve fare una consegna in un pianeta abitato da alieni piccolissimi e ne combina delle belle senza neanche rendersene conto. Quando si dice che molto spesso non vediamo cosa siamo in grado di fare agli altri.

  • L'homme sur sa chaise
    Poetico e disegnato benissimo. Non racconta una storia ma riesce perfettamente a descrivere con le sole immagini l'uomo che non da nulla per scontato che si interroga su tutto. Insomma quello che cerca di vedere oltre se stesso.

  • M.o.M
    Toccante: Unisce l'importanza del rito quotidiano alla grande tristezza dovuta alle scelte sofferte che si è costretti a fare nella vita. Impressionanti i disegni. Era molto breve e la cosa mi ha infastidito.

  • Pandy
    Adorabile storia (inventatissima) dell'evoluzione passata, presente e futura del panda. Un modo davvero ironico di spiegare quanto l'uomo rovini l'ecosistema o cerchi sempre di salvarlo nel modo sbagliato. La storia di come un'animale come il panda sia riuscito a sopravvivere ai cambiamenti climatici più rigidi, ma non riuscirà mai a liberarsi del suo più grande nemico: il genere umano. La scena finale dice tutto.
  • Poker
    Si ok i coloratissimi protagonisti del corto vanno a tempo di musica e si modificano in maniera divertente. Però io continuo a vederci solo un esercizio di stile senza anima.
  • Rabbitland
    Tanto struggente. Perfetta descrizione di ciò che significa votare per un italiano oggi. Quei poveri coniglietti rosa senza cervello strappano il cuore. E pensare che è una metafora per descrivere noi, il mondo occidentale e civilizzato dotato di elezioni democratiche, non migliora di certo le cose.


  • Suicisse
    Farci notare quanto faccia schifo il corpo umano tramite un corto non è così difficile: ci piazzi i peli del naso e un foruncolo e il gioco è fatto! Troppo poco articolato, non mi ha convinto troppo.

  • The Construction of ANSTALT3000
    Davvero ste cose post-moderne e psichedeliche non le capisco! Non provo neanche a capirle tanto non  mi piacciono e non mi piaceranno mai. Perdonatemi, ma passo.

  • The Master's Voice: Caveirao
    Una zanzara svolazza in casa ronzando con aria minacciosa. Il tempo si ferma all'improvviso e lei rimane a mezz'aria facendoti pensare: "Che fico!". Poi tutto diventa surreale, arrivano i fantasmi animati in 2D e l'atmosfera si guasta. Carino eh! Ma dopo un inizio che faceva così ben sperare il corto distrugge ogni aspettativa diventando qualcosa d'altro. Qualcosa di peggio. e poco importa poi è tutto dedicato al conflitto tra autoritarismo e stile bohemièn.

Non ho visto l'ultimissima parte della rassegna perché ahimè dovevo scappare a prendere l'autobus per ritornare scalza e contenta a casa. Probabilmente ho lasciato per strada qualche corto (tipo quello sulla sindrome dell'arto fantasma che era poesia pura!), ma non riesco a ritrovare tutti i dati sul sito del Milano Film Festival e sono anche un po' cotta. 

Comunque ste serate alternative mi piacciono da morire! 

Lunga vita ai corti!

martedì 9 settembre 2014

Milano ha il mio nome dentro

Oggi vige la noia in casa Mencarelli. Come spesso accade quando sono nel limbo della nullafacenza, cerco di dare il meglio e di modificare le cose mettendomi in movimento. Non importa che cosa faccia, ma che faccia qualcosa: sia che scriva, sia che me ne vada alla ricerca di Milano, sia che vada a fare footing (ogni tanto capita anche a me) o che mi cerchi un luogo protetto dove leggere un libro. Devo far muovere almeno uno dei due tra muscoli e cervello. 

Oggi volevo muovere i primi, ma l'acquazzone mi ha sorpreso troppo presto e non mi ha permesso di fuggire di casa per un po'. Allora non c'è stata altra scelta che far muovere il cervello. Mentre sceglievo cosa fare tra finire l'articolo definitivo sulla mia passione per i fumetti, raccontarvi com'è stata ieri la maratona dei corti d'animazione al Castello Sforzesco, leggere dei libri che mi servono come documentazione per due pezzi che mi stanno a cuore, mi sono fermata ad annusare l'aria fresca dalla finestra pensando a Milano.

"MI-LA-NO, MI-LA-NO, M-ILA-NO"

Ecco.

m ILA no.

Non ci avevo mai pensato, ma il mio soprannome è dentro Milano.

Quando mi ritrovo davanti alle coincidenze della vita, in ogni loro aspetto e di ogni dimensione, di solito mi sento come se la vita mi stesse dicendo qualcosa, come se volesse mostrarmi ciò che di bello può ancora offrirmi.

Chi mi conosce almeno un po' sa che dico sempre di voler morire giovane. Non più di sessant'anni devo campare! Tanto che vuoi che sia la vita, paragonata al nulla, al non sentire nulla ed essere in pace nel non sentirsi niente. Ecco, quando la vita assume quel significato lì, di tremendo peso, scopro una piccola coincidenza che, in un modo o nell'altro, mi fa tirare un sospiro di sollievo, la sensazione di seguire la strada giusta. 

Ora diciamo che avere il mio nome dentro Milano mi fa credere per l'ennesima volta che scegliere questa maledettissima città fosse necessario. Dopo un lungo e lento periodo per adattarmi a tutto ciò che era diverso (nel meglio o nel peggio) dalla mia vita urbinate in collegio (con amici splendidi che, scusate, devo nominare: Ale, Peppe, Simo, Mirko, Je, Jacopo, Sara, Matthew, Carmelo, Jack e Roby) la mia vita e la mia mILAnesità hanno iniziato ad esplodere. 

Amare Milano senza esser di Milano per me è abbastanza facile. Ho la possibilità di stare in Italia nella città meglio organizzata del paese e, tra eventi, festival e presentazioni, ho tutto quello che mi serve per vivere felice (per tutto il resto c'è l'alcool). Che altro voglio? Qualche coincidenza di tanto in tanto che mi faccia sentire così anche nelle giornate NO, dove neanche stare a Milano aiuta e vorresti solo avere un amico al fianco per poter superare la cosa.

Ecco.

mILAno. Ci vivo. Ci sto dentro. La adoro.
La voglio tutta per me. Voglio darla agli altri.
Tutto ciò che c'è di bello e tutto ciò che c'è di peggio.
Mi appartiene. 
E io, Milano, sono tua.

domenica 7 settembre 2014

ILa Menca and books

IL SIGNORE DELLE MOSCHE, OVVERO LE VITTIME SACRIFICALI E LA RACCOLTA DELLE MORE (CON BREVE DIVAGAZIONE SULLE COMMEDIE ROMANTICHE IN CUI LE DONNE CAMBIANO)

Oggi ho compreso una cosa importante: non sono più fatta per la campagna. Non sono più socialmente utile nella Cerasa bella. Da piccola ero ben inserita, amavo gironzolare qua e là e imparare lavoretti utili. Avevo una discreta resistenza e non facevo altro che camminare da un campo all’altro e osservare. Ora sembra mi sia rimasta solo la capacità di osservare, e nulla di più.

Ma andiamo al dunque.
“Vi sono due donne in mezzo ad un vecchio campo di grano, ricoperto ormai solo di sterpi e di fieno. Mamma e figlia, la prima cinquantenne, la seconda poco più che ventenne (ti piacerebbe!), stanno percorrendo rapide la scorciatoia che le porterà ai margini della terra lavorata. In quel lato, solo là, possono trovare ciò che cercano: una buona dose di graffi, punture di zanzare e chili di more. “

Ok, la smetto! Come dice Mauro: “Tu scrivi, ma non racconti”. Per oggi ci rinuncio.

Il fatto è che sono andata con mia madre a raccogliere le more. Volevo aiutarla, perciò mi sono vestita così…



…e siamo andate per campi.

A metà strada ho un calo di zuccheri che quasi svengo. Ne deriva che il resto del pomeriggio lo passo svaccata qui…



…sdraiata, mentre mia madre è intenta a perlustrare ogni centimetro di rogo che porti frutto.
Mentre ammiro il panorama, che mi ricorda quanto Cerasa somigli al mondo di Utopia senza bisogno di filtri (guardatelo Utopia, è una figata),….


...penso.

All’inizio ragiono sulla mia attuale condizione: non abbastanza milanese, non più marchigiana al 100%. Avete presente quelle commedie brillanti (alcune mica tanto) in cui la protagonista si trova, di punto in bianco, ad affrontare un ambiente ostile e che, alla fine, riesce nell’impresa grazie alla sua capacità di scindere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato? Ecco. Perché all’interno di tali romanticherie melodrammatiche c’è sempre un punto di svolta: il momento chiave in cui la protagonista, ormai pesce fuor d’acqua, non si sente a casa in nessun posto. E nei film, di genere, le cose migliorano quando la giovane donna capisce che non è tanto importante dove stare, quanto come ci si sta. E poi, senza troppi dubbi, sceglie la metropoli oppure, come si suol dire il più delle volte, le si chiude una porta e le si apre un portone. La meravigliosa sensazione di scegliere di essere se stessi in un nuovo ecosistema e di svoltare! Non c’è niente da fare: Il diavolo veste Praga docet.

Il mio punto di svolta è stato oggi. Non sono stata in grado di sopportare un pomeriggio afoso alla raccolta di more, senza il timore di un collasso, nonostante la mia sana e robusta costituzione (non totalmente vero): come posso vivermi quel poco che offre il mio paesino? La sua routine, fatta di sagre paesane, scampagnate, cene a casa e partite a tennis, non fa più per me. Non sono neanche più capace di accontentarmi; quel poco che mi viene dato non mi basta più. Senza considerare che non voglio più aver niente a che fare con quella parola lì.
Quindi lì…


(proprio lì)

…ho sentito per la prima volta di non essere più una vera marchigiana.

Poi ho pensato ad altro.

Reduce dalla lettura di metà del Il signore delle mosche, per un attimo mi sono sentita uno dei protagonisti. Spersa nella campagna silenziosa, da sola, a riposare sudaticcia sopra la terra grulla, nonostante l’acquazzone con annessa grandine del giorno prima, è bastato poco per immaginarmi in un’isola deserta. La velocità con cui mi sono adattata al suolo duro e scomodo mi ha piacevolmente sorpreso; forse non ero una survivor così malvagia.

Mi sentivo uno di loro. Ma chi?

Jack. No, no e poi no. Ho passato la vita a sopportare i bambini e gli adulti che presentano l’attitudine e il desiderio di primeggiare. Ho subìto le loro angherie di continuo e ora non posso far altro che guardarli dall’alto in basso con disprezzo.

La sua schiera di cacciatori neppure. Non mi sono mai mischiata alla plebaglia e per questo ne ho prese di sberle e di sconfitte.

Piggy? No. Per quanto porti li occhiali e abbia una bella parlantina (potere del fuoco e della conchiglia ai massimi livelli), non esercito la mia superiorità nel campo della dialettica. Sono troppo timida per mostrare la vera me, la politicante incapace di accettare la sconfitta e sempre pronta a dire la sua (chi non ha visto tale parte di me, è fortunato, ve lo garantisco). E poi posso anche sembrare poco interessante ma, in realtà, di fascino ne ho da vendere, solo che è latente e viene slegato nei momenti opportuni, quando me la sento.

Ralph certo che no! Mai stata abbastanza forte e in grado di catturare l’attenzione di tutti. Mi nascondo, lo faccio sempre. E mai stata così buona e responsabile, così dedita alla comunità. Da brava camaleonte mi mimetizzo; non cerco guai e non cerco mai di far valere le mie idee. Mi basta averle delle idee.

Insomma chi cazzo sono?
Mentre continuo a rimuginare, mi guardo attorno e mi accorgo di essere in una piccola spianata con un fossetto al fianco, circondata da coloratissime farfalle. Le fisso un secondo e poi esclamo:

“Sono Simone!”

Poi tornata a casa, finisco il libro e scopro che fine fa, Simone (Shit!).

Tutto ciò comporta l’ennesima riflessione che si concentra sul fatto che io rimanga una VITTIMA SACRIFICALE, nonostante abbia smesso di vittimizzarmi da un po’. Infatti, proprio per quello che sono e per come sopravvivo in ogni luogo, senza lasciarvi troppa Ilaria dentro, scivolando rapida nel silenzio di una lettura in Piazza Duomo, vengo schiacciata senza troppe difficoltà. Se mi do tutta il sistema mi distrugge. Perciò mi chiudo a riccio, non do abbastanza; ne ottengo una salvezza apparente e di breve durata. 

Nascondersi e non giocare con questo pazzo e folle mondo fa sì che le persone non si prendano cura di me e che le loro attenzioni durino il tempo di un caffè.  Ai “Simone” non ci si affeziona.

Sono proprio così. Non dico la mia perché ho troppo timore, troppa paura di non essere compresa o, peggio, di essere fraintesa. Non riesco a parlare con chiarezza. La mia (e la sua) perspicacia non oltrepassa (oltrepassano) la mia (e la sua) mente, i pensieri rimangono lì e, con loro, la possibilità di mostrare l’intelligenza e la sensibilità che mi connota.

“Pare un po’ tocco”, loro dicono. Rimarrà l’unico in grado di capire le cose per come sono e a non sottovalutare la portata dei guai che attendono il gruppo di bambini.

Ma è lui che muore.

Perciò, dopo aver letto per la prima volta il capolavoro di Golding, anziché soffermarmi sulla morte dell’innocenza, sulla crudeltà dell’animo umano e sulla bestialità di noi tutti, io mi chiedo:

“Sarei morta?”

E so che la risposta è sì.