Sto cercando di capire perché Frank Miller è così importante
per me.
Non è facile spiegare la mia venerazione per quello che è di
fatto uno degli dei del fumetto (se non l’unico Dio) perché è cresciuta con il
tempo, lettura dopo lettura, e mi ha del tutto travolto durante la ripresa de
Il ritorno del Cavaliere Oscuro quest’estate. Oltre al desiderio di recuperare
tutto quello che mi sono persa (fin troppo, Sin City per dirne uno), sento
proprio al petto il fottutissimo bisogno di risfogliare i fumetti
già letti.
Perché?
Perché mi sono sbagliata e ho sottovalutato il potere dei suoi
lavori. Perché sono cambiata e ora sono capace di individuare nuove linee di
lettura più interessanti e intriganti. Perché ho imparato ad apprezzare la cura
maniacale del dettaglio. Perché adoro le maniera in cui VEDE le vignette, il
modo in cui nelle sue mani diventano uno strumento di sperimentazione.
E perché proprio adesso?
Alla fine l’unica risposta che riesco a darmi è perché solo
ora ho imparato a conoscermi bene.
“In che senso?” potreste chiedervi (o no, in fondo si tratta
solo di me).
E io vi risponderei di aver capito di non essere quello che credevo di
essere. Mi sono sempre ritenuta una tipa alla Gaiman e invece devo confessarvi
che leggo Sandman a spizzichi e bocconi,
per evitare che risulti indigesto. Per piombare nel magico mondo di Delirio e
gioirne devo provarne il bisogno, altrimenti la magia non funziona. Insomma ho
ammesso a me stessa che i mondi onirici romanticamente deviati non mi
appartengono e non mi apparterranno mai.
In Miller trovo quello che non mi suscita Gaiman, cioè una
buona dose si emozioni nitide, ben delineate e sincere. Vere. Le trovo tutte
nel suo Batman. Sento che proprio qui mi viene spiegata l’essenza dell’animo
umano e l’evidente incapacità di essere sé stessi senza piegarsi alla propria
natura. Siamo quello che siamo, non possiamo essere diversi. Possiamo solo
trasformare i nostri difetti in ulteriori armi per sopravvivere a questo mondo,
far valere le nostre convinzioni e
proteggere ciò che ci è più caro. Perché il mondo è ostile, sempre lo sarà e
sta solo a noi non chinarci di fronte a nulla. E per farcela dobbiamo
autodeterminarci e divenire potenti nella nostra piena coscienza.
Un particolare divertente è che il mio “risveglio milleriano” dipende da un’opera del
Maestro che non tutti conoscono: Ronin. E
allora immaginatemi all’inizio dell’anno, in pigiama (vorrei potervi dire in
maglietta e perizoma, ma era freddo) mentre mi affogo nelle pagine che
raccontano di un futuro che in parte è già arrivato e di uno che in parte è già
nella testa di tutti. Lì, proprio lì, a fare il tifo per un samurai disonorato.
Là, dove l’uomo è in grado solo di distruggere e dove tutto ciò che è bene non
è quello che sembra.
E fu così che lo sfondo del mio telefonino lo prese Miller.
Ora il Ronin ha lasciato il posto a Carrey Kelly in veste di
Robin, bella come il sole con i suoi occhialini e il suo ciuffo in bella vista.
Insomma un passaggio di testimone che in realtà vero passaggio non è, dato che
Miller rimane.
Rileggere Il ritorno del Cavaliere Oscuro di questi tempi è stato come
morire e rinascere (ironia della sorte); smettere di vivere per non trovarsi
davanti all’egoismo del genere umano e sopravvivere per non perdere le
persone che lottano con coraggio e devozione. È sapere di essere Gordon e desiderare essere
Batman, voler essere influenti quando in realtà si è solo una piccola pedina
nella mani di altri uomini.
È MAGIA PURA.
Volevo fare un elenco dei 5 motivi per cui Il cavaliere
oscuro è il fumetto più bello di sempre, una sorta di riepilogo del perché secondo me Miller ha vinto su tutti i fronti. E allora mentre terminano le ultime note di Moonlight Mile
(adorabile fissazione per Sticky Fingers) ci provo con la convinzione che
renderò ancor più confusa quest’accozzaglia di pensieri.
Il piccolo rettangolo smussato che distorce i fatti
Passando molto tempo a casa, spesso con la tv accesa, mi sono resa conto ancora di più di come i programmi
televisivi possano propinarci notizie distorte, tacere di eventi importanti e
orientare le nostre opinioni offrendoci solo un punto di vista. Ne Il ritorno
del Cavaliere Oscuro ogni vignetta smussata rappresenta lo schermo televisivo,
una piccola finestra per permetterci di ascoltare ciò che guardano le persone
comuni che vivono in città. Un nuovo modo di osservare come i media trattino le
vicende che ci vengono raccontate direttamente dai protagonisti e di come ogni
piccolo sprazzo di talk show sia dominato dall’ovvietà e dal bisogno di trovare
sempre e comunque un capro espiatorio che permetta i cittadini di riconoscersi
innocenti davanti al disfacimento di Gotham. E proprio soffermandosi su tali
vignette che ci si trova di fronte ad un dato di fatto innegabile: niente e
nessuno descrive meglio di Miller il media televisivo.
-Channel two, in esclusiva, mostrerà il video di sicurezza della polizia dell’omicidio del sindaco! È uno spettacolo per un pubblico adulto. Restate con noi.
-Il nostro argomento di stasera è la responsabilità di Batman per questa atrocità. Nostro ospite, l’esperto mondiale sull’impatto sociologico di Batman, il Dott. Bartholomew Wolper.
Sono solo alcuni esempi di come la reporter
Lola e gli altri membri di Channel two si propongano alla persone che si
trovano dall’altra parte dello schermo. Miller ci mostra una tv caratterizzata da
segnalazioni di notizie cruente descritte nei minimi particolari, da opinionisti
del niente e dalla superficialità che dilaga in ogni dibattito. Insomma, niente
più triste, niente di più vero.
L'occhiolino di Superman
-Ci ucciderebbero se potessero Bruce. Sono ogni hanno più piccoli. Ogni hanno ci odiano di più. Non dobbiamo ricordarli che i giganti camminano sulla terra.
-Io gli diedi la mia obbedienza e la mia invisibilità. Loro mi diedero una
licenza e ci lasciarono vivere. No, non mi piace. Ma posso salvare delle vite…e
i media stanno buoni.
-Ti ho sempre amata…Anche se sono nato in un’altra galassia…Ti ho sempre
servita…Ci anima la stessa forza…quella del sole…tu la trattieni…qua…la
conservi…Ti imploro…Per un mondo sofferente liberala…Madre…Sei così…Generosa…Tu
mi doni la tua magnifica giungla…e io giuro…che il tuo figlio adottivo ti
onorerà.
E poi quell’occhiolino nella penultima pagina.
E poi quell’occhiolino nella penultima pagina.
Superman è il superuomo per eccellenza. Sempre infallibile, sempre pronto a
fare la cosa giusta e a mettersi al servizio degli altri, annulla le sue
esigenze per un bene maggiore. L’uomo perfetto, o meglio l’uomo che non esiste.
Ciò che tutti aneliamo ma che nessuno è
capace di raggiungere, neanche con impegno e costanza, perché il male è insito
in noi. E così l’unico uomo perfetto non può che essere un alieno e non può far
altro che farci storcere il naso. Ma vacilla cazzo! E invece no, sempre intero,
sempre pronto ad amare la terra e i suoi abitanti, più di noi e meglio di noi.
Ne Il ritorno del Cavaliere Oscuro Miller ci racconta (e come lo fa bene!) di quanto Superman sia capace di esser ancora più
buono: la Terra va in pezzi, la sete di distruzione dell’uomo dilaga e in contrapposizione
lui diventa sempre meglio, un Cristo pronto a portarsi il peso di tutto il male
del mondo. Semplicemente patetico, ma totalmente supereroistico. E d’altronde
di chi stiamo parlando, se non del supereroe per eccellenza?
Il ciuffo cotonato di Carrey Kelly
La Robin che mi somiglia. Quella ragazzetta avventata che va verso la sala
giochi, anche se sa che è un rischio, perché non vuole precludersi niente. Quella ragazzetta che, nonostante gli occhiali
e le ciocche che le cadono sul viso, non nasconde i propri sentimenti che le si
insinuano nelle curve delle labbra e negli occhi espressivi. La ragazzetta che
decide di seguire un’ideale senza chiedersi troppo perché, forse solo per
riconoscenza nei confronti di un uomo così diverso da lei. Un’adolescente che
vuole di più, ma non sa come fare e, per questo, decide di affidarsi a Batman e
di credere che la sua missione sia quella giusta. Trovo incredibile che Miller
sia riuscito a descrivere con tanto anticipo e in maniera così vivida il
ritratto del giovane di oggi incapace di reagire in un mondo che non gli appartiene. L’unica cosa che resta a Carrey
Kelly per potersi immaginare in una situazione diversa dall’anonimato in una città
che fa di tutto per non essere sua è trovare un uomo forte e potente, un
maestro, attirare le sue attenzioni, farsi accettare come compagna d’avventure
e assorbire tutto quello che può. Innamorarsi di un personaggio (Batman) e
abbracciarne le convinzioni (Giustizia ad ogni costo). Lottare per i principi di
un’altra generazione con la speranza di cambiare le cose o quantomeno di
cambiare se stessa. Di solito si avvera soltanto la seconda opzione.
-Una piccola mano stringe la presa sul mio braccio…una ragazza di tredici anni
respira veloce e perde all’improvviso l’innocenza.
I “Vecchio fortunato” di Batman
Da un lato la giovane senza un orientamento, dall’altro il vecchio determinano che non ha mai perso di vista il suo obiettivo. Come ci ha sempre abituato, anche ne Il ritorno del Cavaliere Oscuro Bruce rimane un personaggio incapace di vivere senza la maschera. Nei brevi sprazzi del graphic novel in cui appare in pensione lo vediamo in ordine cronologico rischiare la vita in una gara di Formula 1, bere whisky (o chissà che altro) insieme a Gordon in memoria dei vecchi tempi e farsi aggredire e derubare da un gruppo di ladruncoli da strapazzo. Poi è di nuovo Batman. La sua caparbietà nel combattere il crimine, arrivando dove la polizia e la legalità non arrivano, si rafforza e assume una connotazione diversa. È facile mettersi in gioco quando si è giovani e ci si è ben preparati alla battaglia; lo è meno quando gli anni avanzano e non si è più forti come prima. Il Batman di Miller lo sa, conosce bene i suoi limiti e ciò gli permette di compiere le scelte tattiche adeguate per trasformare una sconfitta dichiarata in una vittoria al filo di lana. Non sempre agisce con cautela però; ha troppo bisogno di sentirsi Batman (con la B maiuscola) e allora rischia con attacchi che non funzionano a dovere. Non è più quello di una volta e per questo, ad ogni avventatezza che compie rimanendo illeso, sa di esser fortunato. Se lo ripete in continuazione, ma non ci crede. E, vi dirò, non ci credo neanche io.
Le colpe dei padri ricadute sui figli
-Quando penso a Bruce…vorrei che non mi avessero mandato in pensione. È finito.
Non c’ è modo di dirglielo. Né motivo, suppongo.
Perché i Mutanti sono così? Perché tanta violenza? Perché tanto insensato bisogno di distruzione? Bisognerebbe chiederlo ai padri che con le loro azioni hanno plasmato il mondo a loro immagine e somiglianza. La vita a Gotham (e sulla Terra in generale, considerando a cosa va incontro Superman) non lascia intatto un solo briciolo di speranza. Di chi è la colpa? Di chi si è lasciato corrompere fino alla pazzia (Harvey Dent ), di chi non ha fatto abbastanza bene il proprio lavoro (James Gordon), di chi non ha reagito (il cittadino medio). Sono gli stessi abitanti di Gotham ad averla trasformata in una città in rovina e a rendere potenzialmente pericolosi i propri figli. Stessa cosa si osserva nello scenario globale: la terra brucia per le colpe degli uomini. È un mondo senza scampo quello che ci racconta Miller, un mondo dove il bene non può vincere e i più potenti supereroi non bastano più.
Un mondo, ahimè, non tanto diverso dal nostro.
Ce ne sarebbero altre di motivazioni (i “Penso a Sarah. Il resto è facile” di Gordon, l’inevitabile sconfitta delle riabilitazioni, la mamma e i colori per Robert, la collana di perle e le pallottole, il pipistrello che ha dato vita a tutto, per citarne qualcuna) ma è faticoso parlare de Il ritorno del Cavaliere Oscuro. E fa anche un po' paura.
Perciò vi lascio con una promessa che mi sono fatta. I primi soldi che otterrò lavorando saranno spesi per acquistare la mia copia personale. Perché me lo devo meritare Il ritorno Cavaliere Oscuro. Per me, per la mia generazione disadattata e per un nuovo inizio.